
L’arte, come la storia insegna, da sempre riassume a seconda delle sue discipline, situazioni politiche e sociali in particolare. Il ‘900 musicale poi, così variegato e controverso, ci ha mostrato i suoi angoli più estremi, attraverso le varie correnti artistiche nel susseguirsi dei decenni. Immaginiamo un paese come la Spagna, nel pieno potere franchista, isolato economicamente e con radici popolari così forti che lasciano il folklore come unico punto fermo della vita culturale del paese. Abbiamo certamente come riferimento i vari Falla, Albéniz, Granados, ma in un Occidente che ormai ha già accolto i linguaggi di Stravinsky e Ravel, le prese di posizione della seconda scuola di Vienna e che si sta aprendo all’avanguardia di Darmstadt, la Spagna come reagisce di fronte a tutto questo? Non lo fa, o almeno sembra. Mentre i poeti della generazione del ‘27 avvicinano il paese a nuovi orizzonti culturali, i compositori del ‘51 saranno i primi a promuovere la nuova musica che si sta diffondendo in Europa1. L’avanguardia spagnola assorbe in poco tempo le tecniche compositive esposte decenni prima, le elabora e le rende sue, ma non si ferma, non lo può fare, siamo nel pieno della sperimentazione elettronica, del serialismo e dello strutturalismo.
Luis de Pablo è appunto figlio di tutto questo: da sempre culturalmente irrequieto, legato alla letteratura e alla musica, il compositore di Bilbao scopre Bartók, Leibowitz e Messiaen grazie al fratello di Maurice Ohana, amico di famiglia, che dalla Francia compie numerosi viaggi nella vicina Spagna e gli regala nuovo materiale musicale. De Pablo ne resta colpito. Lascia il suo paese, attraversa tutta l’Europa e l’America del sud, stringe amicizia con Boulez, Ligeti, Berio, Stockhausen e Maderna, traduce in spagnolo le biografie di Schoenberg e Webern, e scrive trattati sull’estetica musicale di questi anni. La continua ricerca e lo spingersi oltre i metodi di scrittura convenzionali lo allontanano dalle tradizioni musicali della sua terra. Forse proprio per questo De Pablo scriverà per chitarra sola, strumento immagine del folklore spagnolo, molto tardi. La motivazione è legata anche all’assenza di chitarristi validi nella penisola iberica, trovare interpreti disposti a lavorare su questo repertorio sembra un traguardo irraggiungibile. Mentre i suoi connazionali Tomás Marco e García Abril danno vita ad un nuovo repertorio per chitarra con largo anticipo (il primo nel ‘65 con Albayalde, il secondo nel ‘76 con il Concierto Aguediano), Luis de Pablo inserirà lo strumento nei lavori per ensemble Módulos 3, Libro de imágenes e nell’opera teatrale El viajero indiscreto, ma bisognerà aspettare il 1991, quando l’amico Gabriel Estarellas, abile interprete attento a quanto accaduto in Spagna negli ultimi decenni, convince il compositore di Bilbao. Uscirà quindi Fabula, in onore a quella generazione del ’27 che tanto ha dato agli artisti spagnoli del Novecento. Il lavoro del compositore si basa su un’opera poetica di Gerardo Diego, che rende omaggio a Góngora a trecento anni dalla sua morte. Ricca di metafore, innovazioni stilistiche e ironia, Fabula de equis y zeda, è una parodia dei racconti mitologici che la letteratura conosce. De Pablo “decodifica” i versi, come se ogni movimento fosse il frutto musicale dell’opera di Diego, rende il linguaggio polifonico strumento di dialogo, immaginando le varie voci i personaggi stessi delle “fabule”.
La scrittura alla quale è legato il compositore spagnolo, fatta di articolazioni dettate da piccoli elementi che si sviluppano velocemente, lascia spazio ad un discorso molto più omogeneo, attraverso frasi ampie e voci legate. L’opera, con il primo movimento “…y sobre el piano olvida el color verde”, ha fin dall’inizio un fortissimo impatto: due voci in perfetto contrasto ritmico alternano una melodia che non dà spazio a nessun respiro. Se da un lato si sviluppa un’idea di frase meccanica e regolare, dall’altro “…a puro arpegio de oro venerable” espone la dimensione lirica di De Pablo, libera da vincoli ritmici. “…te expondré el caso de la mandolina” riapre i giochi, è un movimento accesso e ricco di cambi di tempo. La tecnica del pizzicato appare per la prima volta all’inizio del brano, da un dolcissimo canto centrale si passa ad una sessione finale dalla complessa testura polifonica. L’ultima parte ha lo stesso nome del primo movimento, e la possiamo considerare come un riassunto timbrico e dinamico dei tre sopracitati: tempi lenti seguiti da dinamiche e accenti forti, ritmi rapidi elaborati su melodie larghe. Commissionato nel 2013 dal Festival de la guitarra de Sevilla e suonato per la prima volta dall’americano Adam Levin nell’ottobre dello stesso anno, Turris Eburnea è il secondo lavoro per chitarra sola del compositore basco. Siamo lontani dai quasi 20 minuti di Fabula, ma i 6 o poco più dell’opera racchiudono un lavoro armonico e dinamico intensissimo. Il titolo religioso è il riassunto di una ricerca che ha portato il compositore a riscoprire i canti che nel País Basco si dedicano alla Vergine. Da qui anche la preferenza di scegliere una testura legata ad aspetti timbrici, fuori da schemi metrici prestabiliti. Si può considerare infatti Turris Eburnea un esercizio che l’interprete userà per scoprire la versatilità del proprio strumento, le due voci in perfetto contrasto dinamico tra loro ne fanno da esempio. Ritorna, come in “…te expondré el caso de la mandolina” la tecnica del pizzicato capace di mettere in risalto le due note che incessanti si ripetono, citando lo stesso intervallo proposto all’esposizione. In una Spagna così lontana dal 1951, parlare di Luis de Pablo come un’istituzione culturale è d’obbligo, così come rendere i suoi lavori parte integrante del repertorio chitarristico. All’interprete va ora il compito di diffondere una dimensione musicale spagnola diversa da quella che si conosce, che vada in armonia con il repertorio classico. L’auspicio resta quello di dar vita ad un equilibrio tra tutto ciò che si è detto fino ad ora, senza tralasciare lo straordinario lavoro che una mente brillante come Luis de Pablo ha apportato, facendo rinascere un paese da una profonda crisi culturale.
Apparso originariamente su Guitart n. 92
- Coniato da Cristobal Halftter, il cosiddetto gruppo della generazione del ’51 è formato da quelli che saranno gli autori che si affermeranno di più nella musica spagnola del 900. Tomás Marco, Anton García Abril, Ramón Barce e Luis De Pablo, insieme ad un numero ristretto di giovani compositori, formano il gruppo Nueva Música, con l’intento di analizzare e sostenere quanto di nuovo si è detto fino a quel momento. ↩︎