
Con l’intervista di oggi intendiamo ricordare e omaggiare Manuel Castillo (1930-2005), compositore andaluso e figura spartiacque tra il nazionalismo spagnolo e l’avanguardia che ha caratterizzato la sua epoca, in particolare quella del gruppo conosciuto come Generación del ’51. Castillo ha scritto molto per chitarra in diversi contesti: dal solismo alla musica da camera, dal duo al Concerto con orchestra. Per molto tempo non si è saputo molto di questi lavori, fino a quando nel 2015 Jesus Pineda ha dedicato un’ampia revisione di tutto il repertorio scritto per le sei corde dal compositore sivigliano. Questo dialogo ci aiuterà a sviscerare un archivio dimenticato da ormai troppo tempo.
Jesús, grazie per aver accettato la nostra proposta. Il tuo lavoro è iniziato nel 2015 con l’idea di creare un archivio di tutto il materiale scritto da Manuel Castillo per chitarra. Il risultato è stato molto più articolato del previsto: un album monografico, un’edizione critica e una tesi di dottorato.
A dire il vero, il primo approccio alla figura di Castillo è avvenuto nel 2009 quando, mosso dalla curiosità di un’eredità così vicina e sconosciuta allo stesso tempo, ho deciso di incentrare il tema di ricerca del mio master universitario sul linguaggio del compositore. Questo ha portato a diversi articoli e infine alla tesi di dottorato, che presenta uno studio analitico dell’opera per chitarra nel suo complesso e del suo impatto sulla comunità chitarristica. Tuttavia, i dettagli relativi al grado di adattamento al linguaggio dello strumento, così come le questioni derivanti dal tipo di scrittura utilizzata, sono stati solo abbozzati in modo teorico in questo documento, senza proposte esplicite di progresso, soluzioni pratiche o chiarimenti ai problemi rilevati. Per queste e altre ragioni (come il fatto che parte di questo lavoro era ancora manoscritto), ho deciso di intraprendere un’edizione critica, includendo tutte quelle questioni che contribuissero a una migliore comprensione di questo patrimonio e, di conseguenza, alla sua conservazione e diffusione. Per quanto riguarda la registrazione della monografia, essa nasce come contributo interpretativo personale che cerca di sostenere le basi argomentative di questo progetto editoriale.
Nonostante la lunga lista di brani dedicati allo strumento, non si conosce molto della musica del compositore sivigliano. Sappiamo che Castillo non amava parlare delle sue opere: spesso mancano descrizioni introduttive dei suoi lavori. Cosa hai scoperto di nuovo rispetto a quanto è già stato detto?
Castillo ha dedicato una parte considerevole della sua produzione al pianoforte (il suo strumento) e all’organo. In effetti, su questo repertorio è stato condotto un lavoro sul campo e molte delle sue opere sono state incluse in registrazioni ed eseguite in vari concerti monografici. D’altra parte, quando mi sono avvicinato alle sue opere per chitarra, mi sono reso conto che non esistevano ricerche precedenti e quasi nessuna registrazione sonora dei suoi pezzi. Senza entrare nel dettaglio delle possibili ragioni, ho sicuramente riscontrato una generale mancanza di informazioni, per cui ho cercato di raccogliere alcuni dati da varie fonti: nelle prime della Sonata para guitarra e del Concierto para guitarra y orquesta, dove c’erano delle conferenze introduttive; nelle brevi note al programma di Kasidas del Alcázar e Vientecillo de primavera; infine, in alcune testimonianze di Castillo da varie interviste. Tuttavia, la maggior parte di queste dichiarazioni sono piuttosto superficiali riguardo al processo compositivo adottato, concentrandosi di solito su valutazioni generali del carattere delle opere o delle motivazioni che lo hanno spinto a scriverle. Per questo motivo, è stato necessario svolgere un importante lavoro di analisi sulla base della musica stessa e seguendo le influenze estetiche che il compositore aveva ricevuto. Questo lavoro si è consolidato soprattutto nella tesi, all’interno della quale si coprono informazioni che vanno da questioni stilistiche agli approcci armonici, formali, ritmici o testuali, ai criteri di scrittura utilizzati e all’adattamento all’idioma dello strumento.
Tra l’altro, ho scoperto che questa produzione è molto più eterogenea in termini stilistici di quanto pensassi inizialmente: essendo stata composta nel suo periodo maturo, si possono apprezzare elementi di vari movimenti artistici (impressionismo, nazionalismo, neoclassicismo, serialismo e tradizione) che, insieme alle sue motivazioni estetiche, costituiscono il suo particolare linguaggio. D’altra parte, sebbene sia volutamente assente una ricerca nello strumento di risorse tecnico-espressive e di sonorità sperimentali più tipiche dell’avanguardia (fondamentalmente per quanto riguarda gli effetti timbrici e percussivi), la verità è che la sua musica si adatta molto bene allo strumento (cosa che non sempre si può dire di compositori non chitarristi) e sfrutta alcune delle sue risorse espressive più convenzionali. Infine, alcune pagine di questo corpus presentano ampi passaggi scritti per una sola voce, riservando allo strumento un trattamento puramente monodico che non si concilia a priori con le sue capacità polifoniche e di conseguenza ne diminuisce le possibilità armoniche. Tuttavia, se analizzati nel dettaglio, la realtà è ben diversa, poiché molti di questi passaggi contengono di per sé un’elaborazione contrappuntistica in cui due o più parti coesistono e si intrecciano per formare un tessuto polifonico sottostante. Questo aspetto è difficile da apprezzare a prima vista nella scrittura originale, poiché la disposizione dei gambi non permette di distinguere chiaramente le diverse voci. In questo contesto, il concetto armonico, inteso come sovrapposizione di sonorità risultanti da questa struttura polifonica, si costruisce e parte dallo sviluppo melodico o orizzontale. Questo modo di procedere costituisce uno dei procedimenti compositivi più caratteristici della sua personalità.
Parliamo dell’edizione critica: quali modifiche hai apportato ai manoscritti?
Principalmente tre. In primo luogo, e in relazione a quanto detto sopra, è stata effettuata una profonda revisione dell’impianto polifonico vero e proprio di alcuni brani (in particolare il primo e il terzo movimento dei Tres Preludios e della Sonata para guitarra, oltre a diversi passaggi del Quinteto con guitarra) al fine di chiarire le tessiture, proponendo un’adeguata separazione delle parti grazie al posizionamento corretto dei gambi delle note. In secondo luogo, e forse come conseguenza del fatto che nel periodo in cui scrisse la maggior parte dei brani per chitarra ebbe un gran numero di commissioni, vi sono alcuni errori di scrittura che vengono rivisti e corretti. Ciò si verifica sostanzialmente nel Quinteto, in cui vi sono occasionalmente note che non si accordano con lo schema seriale utilizzato come materiale tematico o con le sue imitazioni polifoniche. Castillo era estremamente attento all’applicazione del contrappunto scolastico e colpisce quando appare una nota che si discosta chiaramente dalla norma, tanto da far intuire che si tratta di una piccola svista. Allo stesso modo, in altri brani troviamo piccoli errori in ripetizioni identiche o in imitazioni trasposte ad altre voci. Tutto questo viene dettagliato e il lettore viene avvertito proponendo direttamente la nota corretta, oppure (quando non ci sono prove che si tratti di un errore o di un atto deliberato da parte dell’autore) un percorso opzionale “ossia” insieme a un asterisco nella nota o nel passaggio originale per dare libertà di scelta all’interprete. In terzo luogo, viene realizzato un piano di diteggiatura in base alle premesse trovate: chiarimento delle tessiture e rispetto delle voci attraverso la sovrapposizione o la separazione delle parti polifoniche; proposte di articolazione dei motivi melodici in base a criteri compositivi; esposizione di varie soluzioni per l’esecuzione di passaggi veloci o di meccanismi non idiomatici, come arpeggi continui di cinque o sei note; suggerimenti per contribuire a creare l’atmosfera e il carattere generale di un determinato frammento, come sviluppi melodici cantabili in alcuni movimenti lenti utilizzando diteggiature larghe sulla stessa corda. Il tutto con l’obiettivo di avvicinare questo repertorio a qualsiasi chitarrista interessato. Infine, e solo in alcune sezioni di Kasidas del Alcázar (scritto per due chitarre), c’è una distribuzione più equilibrata del contenuto musicale tra le due chitarre per facilitare alcuni passaggi, favorire il legato nel fraseggio, permettere il mantenimento di alcune note/accordi e, in generale, contribuire alla chiarezza armonica dell’opera e all’utilizzo delle capacità acustico-sonore di entrambi gli strumenti.
Se dovessimo approfondire lo stile di Manuel Castillo, troveremmo un amalgama di influenze spagnole e un uso discontinuo di scale simmetriche, serialismo e armonie che ricordano le avanguardie della seconda metà del XX secolo. Questa miscela di elementi costituisce un’identità liquida per la sua musica volutamente instabile. Considerando tutti i suoi lavori per chitarra, pensi che il suo stile si sia evoluto nel tempo?
Come ho detto prima, credo che il suo linguaggio sia stato forgiato da molte influenze e abbia attraversato diverse fasi creative (come è successo anche a molti altri compositori), ma c’è indubbiamente un’essenza che unifica e dà solidità a tutto questo amalgama di stili, e che costituisce un suo tratto distintivo. Per quanto riguarda il repertorio per chitarra, essendo stato scritto quasi interamente in una fase tardiva, molte di queste influenze possono essere apprezzate senza essere esclusive di ciascuna. Da questo punto di vista, le opere programmatiche Kasidas del Alcázar e Vientecillo de primavera si muovono in un ambiente vicino all’impressionismo, per il suggestivo contenuto poetico a cui si ispirano. I Tres preludios e la Sonata para guitarra richiamano reminiscenze bartokiane e procedimenti derivati dal neoclassicismo in combinazione con tecniche proprie. La Canción de cuna (Ninna nanna) è chiaramente legata a una prima fase più vicina alla tradizione e all’andalusismo, cosa che si percepisce a tratti anche nel Concierto para guitarra y orquesta. E, per quanto riguarda il Quinteto, come si è già accennato, egli continua a sfiorare il serialismo, anche se trattato in modo molto libero e cosparso di elementi regolari nel suo linguaggio, come l’uso ricorrente del cromatismo e il gusto per le elaborazioni contrappuntistiche. Forse per tutte queste ragioni, il suo corpus per chitarra è una compilazione di quasi tutte le sue influenze e offre una visione globale della sua identità creativa. Un’identità che si adatta allo scopo comunicativo del brano come obiettivo primario grazie all’uso consapevole di questo amalgama di linguaggi acquisiti, proprio come un artista plastico utilizza tutti i materiali a sua disposizione per ricreare e dare forma alla sua opera.

In molti casi, come sappiamo, ciò che ascoltiamo non è solo il risultato della creatività e della personalità dell’autore, ma anche del contesto in cui è vissuto. Parliamo in questo caso di Siviglia, una città senza mezzi culturali per dar luce ai suoi artisti, in un periodo di forte arretratezza. Come vedi la sua posizione in un ambiente così complicato?
Castillo aveva una frase che riassumeva il suo attaccamento alla città: “Siviglia mi dà un punto di libertà”. La verità è che, pur essendo rimasto praticamente tutta la vita nella sua patria, si è sempre tenuto al corrente delle scene d’avanguardia che si stavano formando altrove (soprattutto nei principali centri di composizione della Spagna: Madrid e Barcellona), grazie ai contatti che manteneva assiduamente con i suoi coetanei generazionali. Inoltre, molti dei suoi pezzi furono eseguiti in anteprima e in questi luoghi. Tuttavia, secondo le sue dichiarazioni, il fatto di vivere lontano da questi punti focali o nevralgici gli permise di sviluppare la propria creatività con sufficiente libertà per evitare di dover aderire a qualsiasi tendenza alla moda a causa di pressioni psicologiche, e allo stesso tempo lo esentò da possibili rivalità o gelosie lontane dal suo modo di essere e dal suo carattere. Allo stesso modo, Siviglia, e per estensione l’Andalusia, gli ha reso omaggio durante la sua vita con numerosi tributi e decorazioni (è stato nominato “Figlio prediletto” dell’Andalusia e di Siviglia, rispettivamente nel 1988 e nel 1997), oltre a commissionargli una moltitudine di opere che sono state eseguite in prima assoluta e registrate essenzialmente dalla Real Orquesta Sinfónica de Sevilla (di cui è stato anche membro del Consiglio Consultivo). Per quanto riguarda l’insegnamento, ha tenuto da solo la cattedra di composizione per più di vent’anni, formando più di una generazione di giovani compositori, trasmettendo loro tutte le innovazioni che si stavano verificando nel resto d’Europa ed essendo un riferimento pionieristico in Andalusia, dato che all’inizio non esisteva una cattedra simile in altre parti della comunità autonoma. Allo stesso tempo, ha svolto un ottimo lavoro come direttore del Conservatorio Superior de Sevilla, proiettando l’immagine dell’istituzione nella società sivigliana e promuovendo la musica contemporanea di diversi ambiti. D’altra parte, il direttore d’orchestra Juan Luis Pérez ha detto che Castillo ha fatto da anello di congiunzione tra l’epoca di Turina e Falla e le nuove generazioni di compositori andalusi, attribuendogli la connotazione di essere stato un “compositore necessario” in un incerto periodo post-Guerra Civile in cui i punti di riferimento erano ancora i canoni tradizionali basati sul folklore e sul nazionalismo fin-de-siècle. Credo che Castillo abbia trasceso questi schemi e sia riuscito, grazie alle sue convinzioni moderate ma allineate al segno identificativo della Generación del ’51 (la ricerca di nuovi linguaggi in accordo con i progressi compiuti nell’Europa centrale), a diffondere attraverso la sua produzione artistica e la sua eredità di insegnante e di manager arie nuove a una Siviglia ancorata al passato. Indubbiamente il contributo e i benefici furono reciproci tra la città e l’autore, in quanto servirono ad arricchire il livello e il riconoscimento della cultura musicale nella popolazione e la sua apertura verso nuovi orizzonti.

Pubblicato originariamente su Guitart n.110